Mercoledì 8 ottobre il Leone XIII ha ospitato Biotech4Young, in diretta streaming con altre 6 scuole sul territorio nazionale.
Il Presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, il Presidente del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria Eugenio Aringhieri e le ricercatrici Marilena Iorio e Elisabetta Dejana hanno parlato agli studenti del IV anno dei Licei.
Altre sei scuole erano in collegamento da tutta Italia (Perugia, Bergamo, Caserta, Crema, Varese e ancora Bergamo). Ha introdotto l’incontro il Direttore di Wired, Massimo Russo, che ci ha parlato di tecnologia come possibilità di aumentare la prosperità (che non è ricchezza puramente economica, è possibilità di dedicarsi a ciò che per noi ha davvero senso), di capacità di realizzare quanto fino a soli 5 anni prima sembrava impossibile ed impensabile, di caparbietà nel perseguire un sogno, di citazioni famose di grandi innovatori che ne descrivono l’attitudine vitale.
Ha proseguito il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi che ci ha rivelato alcuni dati davvero promettenti per L’Italia: le biotecnologie sono realtà, non promessa, il nostro Paese in questo settore è un Paese per giovani: il 30% dei ricercatori ha meno di 34 anni, nel 2014, dal 1 gennaio ad oggi sono stati assunti 1600 giovani sotto i 30 anni, la percentuale di uomini e di donne è quasi la stessa (44% donne, 56% uomini), l’Italia è prima al mondo per produttività nel settore farmaceutico ed esporta il 70% di quanto realizza. Il presidente di Farmindustria ha anche invitato i nostri ragazzi a visitare in prima persona i laboratori per sperimentare quello che succede.
Della professione del ricercatore hanno poi parlato, in un dialogo a due voci condotto dal giornalista Guido Romeo di Wired, Marilena Iorio ed Elisabetta Dejana, che ci hanno raccontato come essere ricercatore sia essere esploratore, che la genialità si costruisce solo su una preparazione solida, che una delle qualità principali del ricercatore è la resilienza: la capacità di affrontare la fatica e la durata della ricerca (dall’inizio ricerca all’utilizzo del farmaco passano circa 10 anni), di non lasciarsi scoraggiare dall’insuccesso, di vivere l’errore come un tentativo fruttuoso e non come una sconfitta, mantenendo stabile l’entusiasmo, la fiducia, il senso del proprio lavoro, gli obiettivi da raggiungere. Anche le due ricercatrici hanno invitato i ragazzi a partecipare agli stage estivi che si effettuano ogni anno in centri come l’Istituto dei Tumori per vivere una breve esperienza da ricercatori e scoprire in prima persona di cosa si tratta.
Interessantissimo è stato anche il contributo del presidente del Gruppo Biotecnologie Farmindustria Eugenio Aringhieri secondo cui l’Italia, che si colloca ai primi posti al mondo quanto a tecnologia applicata all’Oncologia e alla Neurologia e che in questi campi esporta il 70% di quello che fa, può vincere una grande partita grazie al gioco di squadra, al coinvolgimento dei giovani, agli scambi con il mondo della formazione scolastica ed universitaria, ad una sempre maggiore stabilità di un contesto che richiede regole certe applicate in modo uniforme sul territorio nazionale
Diverse le domande delle scuole. Una fra tutte: quali qualità deve avere una persona che vuole intraprendere la strada di ricercatore? Ecco le risposta degli esperti: consapevolezza (degli obiettivi, dell’importanza del presente nel condizionare il futuro), determinazione (capacità di non scoraggiarsi, di vivere l’errore in modo positivo), capacità di rompere gli schemi (volontà di superare le Colonne d’Ercole, non accontentarsi del mondo conosciuto). Quale luogo migliore della scuola per iniziare a costruire queste qualità?
Prof.ssa Francesca Argenti