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Una classe in cammino verso Santiago V

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Sotto la pioggia e al freddo il gruppo avanza… Tutti appaiono un po’ provati, compresi gli accompagnatori, che non solo avvertono il peso del cammino, ma devono guidare, tenere unito e incoraggiare il gruppo…  Coraggio, Santiago si avvicina!!!

29 maggio, quinto giorno: da Palas de Rei ad Arzua

Molta pioggia, molto onore…

Dopo la solita sveglia alle 6.30, e l’ennesima colazione a base di sumo de naranja y tostadas, abbiamo intrapreso con determinazione il nostro itinerario sotto una pioggia monsonica e un freddo pungente.

da sin. gli impavidi Matteo, Leopoldo e Ludovica

da sin. gli impavidi Matteo, Leopoldo e Ludovica

I primi chilometri passavano rapidi, ma con l’aumentare della fame e il desiderio di assaggiare il famoso pulpo gallego di Melide siamo arrivati a destinazione in gruppi separati e comunque in poco tempo. Ormai per molti il camminare è diventato quasi un’abitudine! Il pulpo lo immaginavamo un po’ più energetico, però con le chiacchiere tra gli altri pellegrini, è stato tutto molto piacevole.

La pioggia non cessava anzi, sembrava aumentare sempre di più… ma il gruppo di uomini più temerario, con l’aggiunta di Ludovica e Roberta, ha affrontato il resto dei 32 chilometri, sempre più sconosciuti al Pini, in selve oscure, piene di fango, sabbie mobili, lumaconi e copiose insidie. Tra corse improvvisate in salita e discesa, perché la voglia di sdraiarsi a letto era troppa, i fantastici 17, professori compresi, cercavano insistentemente un posto dove poter dormire la notte. Sono arrivati, un po’ ciondolanti, nel classico albergue dove finalmente hanno TUTTI usufruito di docce bollenti.

Con dolori alle ginocchia, ai piedi e alla schiena siamo tutti contenti ma anche belli provati, non vediamo l’ora di arrivare a Santiago, ormai vicina, ad appagare i nostri sacrifici!

Ludovica B., Matteo F., Nicolò B. 

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A seguire pubblichiamo alcuni pensieri che ci ha inviato il prof. Giulio Pini, che dal 24 maggio è alla guida del gruppo con il prof. Fabrizio Zaggia.

Oggi le luci del dormitorio si sono accese all’improvviso, inaspettatamente e senza motivo, alle 6:20. Comunque la sveglia sarebbe suonata dieci minuti dopo, ma quei dieci minuti di sonno avrebbero fatto comodo. Indugio nel letto cercando di ricapitolare il programma della giornata: butta giù i ragazzi dal letto, assicurati che non lascino in giro niente, parti per i 28 impegnativi km previsti… Ma nel frattempo l’intenso ticchettio della pioggia sulle finestre attira la mia attenzione. Primo momento di panico: piove! Sarà una giornata faticosa. Primo pensiero della giornata: ma chi me lo ha fatto fare?

Durante la colazione, parlando con Fabrizio, decidiamo di proporre come brano per la preghiera mattutina le lamentazioni di Israele con Mosè nel deserto, sembravano intonate all’umore del gruppo. Leggo il brano ai ragazzi con un po’ di patos. Si racconta del popolo di Israele che manifesta tutta la sua rabbia per le sofferenze che patisce dopo la fuga dall’Egitto, accusando il Signore di averli abbandonati e Mosè di averli portati in una situazione di sofferenza, scomodità e morte. Mosè si rivolge al Signore e dice: “Che faccio Signore, questi mi vogliono linciare…”; mi interrompe una voce mentre leggo: “Pini è Mosè”…

Lo zaino, Elena e più indietro Irene

Lo zaino, Elena e più indietro Irene

Partiamo male. Due non ce la fanno e devo mandarli avanti con il bus, ci aspetteranno alla tappa successiva. Con gli altri si cammina e mentre camminiamo, tra una chiacchiera e l’altra, medito. Essere paragonati a Mosè suona blasfemo, ma oggi mi sento come lui, o credo di capire, almeno in parte, cosa lui provasse. La responsabilità di condurre un gruppo con ritmi, caratteristiche, volontà diverse non è semplice.
Non bisogna lasciare nessuno indietro ma non si può neanche lasciare che ciascuno segua le sue esigenze in autonomia perché si sfalderebbe il gruppo
. Uno mi chiede di andare più veloce, un altro più piano, un altro di fare la pausa e poi chi vuole sapere quanto abbiamo fatto, chi quando si arriva, chi quanto manca… Secondo momento di panico. Io non sono Mosè, riuscirò a tenerli tutti insieme? O mi lapideranno? Che faccio Signore?

La pioggia incalza…

I ragazzi  però camminano… sorprendentemente bene… Il pulpo alla gallega che li attende per pranzo alla prossima tappa rianima i viandanti a proseguire, ma vedo facce provate.

Provo a fare mente locale ma proprio non mi viene in mente cosa avesse fatto Mosè per uscire da quella situazione; mi ricordo che aveva chiesto al Signore e Questi gli aveva detto di battere il bastone da qualche parte per far venire fuori l’acqua, ma questo proprio non riesco a tradurlo… Avessi un esegeta biblista o un rabbino nel gruppo potrei chiedergli consiglio, ma l’unico che potrebbe saperne qualcosa è davanti al gruppo, mentre io sono in fondo, troppo lontano, anche perché il gruppo ormai si è sfilacciato. L’unico pensiero consolante è che Mosè aveva avuto fede e aveva fatto ciò che il Signore gli aveva ordinato. Tradotto: Giulio, abbi fede e fai quel che il Signore ti ha ordinato. Ma cosa mi ha ordinato? Portali a Santiago.

Cerco di rianimarli, faccio fare una pausa, li incoraggio, riprendiamo il cammino (qualcuno perde il sentiero ma lo recuperiamo), finalmente arriviamo alla cittadina dove si mangi il pulpo alla gallega. Li faccio mangiare abbondantemente, magari a stomaco pieno l’umore migliora… invece durante il pranzo partono le prime avvisaglie di ammutinamento… Chi dice che andiamo troppo piano, chi è stanco, chi vuole ripartire, chi vuole fare un po’ più di pausa, chi si rifiuta di ripartire…

Nessuno deve rimanere indietro…Signore dove sei? Che devo fare?

Provo a offrire anche il caffè ma non c’è verso, alcuni non ce la possono fare a percorrere i restanti 12 km previsti. Trovo il bus adatto e li mando avanti. Il resto del gruppo nel frattempo è già partito da più di mezz’ora. Il mio collega è solo con loro sotto la pioggia e io voglio arrivare il più presto possibile ad aiutarlo. Le gambe iniziano a macinare passi ad un ritmo forsennato, forse a meno di 10 minuti al km in mezzo al fango, attraversando boschi di querce e fattorie. Nel frattempo il pensiero viaggia ancora più veloce: hai fatto bene o no? Era la scelta giusta? Il gruppo si sta sfaldando?

Tutti (o quasi) finalmente seduti!

Tutti (o quasi) finalmente seduti!

Raggiungo gli ultimi del gruppo dei camminanti, arrancano, ma io li riporto sotto come fanno i gregari al giro d’Italia quando i loro capitani rimangono indietro. Riprendiamo tutti, il gruppo è di nuovo compatto. Mi trovo di fianco a un ragazzo che mi dice che questa esperienza lo ha segnato, che è bellissimo che la abbiamo proposta, che anche altre classi dovrebbero poterlo fare. Consolazione!
Guardo gli altri e li vedo camminare con determinazione. Arriveranno tutti a destinazione oggi, nonostante la pioggia e la stanchezza. E mentre camminano chiacchierano, sorridono, scherzano. Poi arriviamo e ci ricongiungiamo con gli altri e scopro che si sentono in colpa per non avercela fatta a camminare. È il momento che faccia io un passo indietro, mea culpa; ammetto di aver preteso troppo e li ringrazio di avermelo fatto capire. Ecco cosa mi stava dicendo il Signore…

A cena si respira un clima sereno e disteso, o almeno io lo sento tale… ma i ragazzi me lo confermano facendo di tutto per ritardare il momento del sonno che interromperà una così intensa e bella giornata.

Ultimo pensiero della giornata: sono contento di averlo fatto.

prof. Giulio Pini

 

 

 

 


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