Leggere, si sa, non è l’attività preferita di molti adolescenti. Ma quando la storia parla di sogni, di impegno, di sport, di affetti familiari e amicali, ma anche di dolore, di odio, di fatica, di razzismo, di iter burocratici… insomma: di una vita che, seppur radicalmente diversa, permette loro di immedesimarsi e riflettere, allora ci si sente anche dire: “Prof! Ho letto il libro in tre giorni!”. Oppure: “Prof! Lo sto leggendo per la seconda volta: è bellissimo!”.
Ecco il primo motivo per cui desidero ringraziare pubblicamente Giuseppe Catozzella, autore, tra l’altro, di “Non dirmi che hai paura”, libro edito da Feltrinelli, arrivato in libreria lo scorso 9 gennaio, già apparso in francese e in inglese e candidato al premio Strega 2014. Grazie, perché ho incredibilmente visto negli occhi di molti studenti il gusto della lettura, la passione per il racconto di una storia.
Il secondo “grazie” che devo a Giuseppe Catozzella è dovuto al fatto che giovedì 8 maggio ha ritagliato, nella sua agenda fitta di impegni, due ore abbondanti per conversare con i nostri studenti di prima superiore (le tre classi dello Scientifico e la IV Ginnasio).
Il poter accedere al “back stage” di un libro non capita tutti i giorni. Catozzella ha raccontato come si è sentito “chiamare” da questa storia, proprio nel mentre raccoglieva materiale per un’altra storia; ha esplicitato come ha raccolto le informazioni e contattato i testimoni; come ha vissuto – da giornalista e da scrittore – la vicenda umana di Samia; come e perché ha deciso – seppur uomo, italiano, più adulto di Samia – di raccontare in prima persona questa storia. Le domande dei ragazzi sono state le più disparate (dal “perché ha scelto la copertina così?” al “come risolverebbe lei la questione immigrazione?”), ma ciascuna indicava un’idea, un pensiero, un’attenzione dei nostri ragazzi.
Con il garbo e la cultura non ostentata, ma comunque evidente, che lo contraddistinguono da anni, Catozzella ha risposto ai nostri ragazzi. La chiacchierata non si è potuta dilungare oltre l’orario previsto, solo perché Catozzella avrebbe dovuto presenziare all’inaugurazione di un campo sportivo del Comune di Milano, dedicato proprio a Samia. Questo non gli ha impedito di ricevere da parte nostra il libro dei “Cento anni del Leone” e di intrattenersi per dedicare e autografare le copie del libro.
Due classi (la I B e la IV ginnasio) hanno però continuato l’incontro con Giulia, rappresentante di “Il razzismo è una brutta storia” perché, insieme a Feltrinelli e in collaborazione con Catozzella, è stato indetto un concorso letterario. Anche i nostri ragazzi si metteranno alla prova nel raccontare storie di immigrazione e di razzismo.
Prof.ssa Gaia De Vecchi
Samia Yusuf Omar è una cittadina Somala che vive la sua infanzia in un paese dilaniato dalla guerra e divorato dalla povertà, che un po’ alla volta cade sotto il controllo degli integralisti islamici; con spirito di sacrificio diventa un’atleta e nel 2008 gareggia alle olimpiadi di Pechino, poi torna nel suo paese, dove ormai è diventato tutto più difficile, perfino correre. Così un giorno tenta il Viaggio, con la «V» maiuscola, che dovrà portarla in Italia e in Europa, semplicemente per poter correre con un vero allenatore; comincia dall’Etiopia e continua attraverso il deserto del Sahara, passa per il Sudan, fino alla Libia. In fondo alla Libia c’è il mare e dall’altra parte Lampedusa, l’Italia. Ma Samia Yusuf Omar non vedrà mai le coste italiane e il suo viaggio si conclude il 2 aprile del 2012, quando annega nel Mediterraneo, mentre cerca di aggrapparsi ad una fune lanciata tra le onde, durante un’operazione di «respingimento» di migranti.