Chi si è trovato a passare dal corridoio di ingresso della nostra scuola oggi, giovedì 25 gennaio 2018, non ha potuto fare a meno di notare uno strano rettangolo, lungo e stretto, delimitato da bande di lana cotta nera…
Al suo interno si trovano deposte diverse paia di scarpe. Scarpe di tutti i tipi e di colori e fogge diverse: scarpe “a ballerina”, scarpe col tacco alto e col tacco basso, scarpe da uomo e da donna, scarpe da bambino e da bambina… Anche le loro misure quindi sono le più disparate e vanno da un commovente n. 30 (il paio più piccolo presente) ad un 46 abbondante.
Si notano, soprattutto, tante tante scarpe da ginnastica: non potrebbe essere altrimenti, visto che quasi tutte le scarpe presenti sono scarpe di nostri alunni. A fare loro compagnia stanno, vicine, le scarpe di alcuni professori, genitori e di rappresentanti del personale non docente.
È attraverso questa installazione – “site-specific” e “partecipata” – che il nostro Istituto ha scelto quest’anno di onorare il Giorno della Memoria.
I rimandi che la innervano vanno dall’opera Scarpe sul Danubio degli ungheresi Can Togay e Gyula Pauer ai cumuli di scarpe spaiate accatastate nei campi di concentramento (di cui ora si conserva il ricordo al Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau e allo Yad Vashem in Gerusalemme); e ancora, dai brani che Primo Levi riserva all’importanza delle scarpe in lager, alla poesia C’è un paio di scarpette rosse di Joyce Lussu…
Le scarpe dunque come simbolo, denso di significato e di rimandi, della nostra irripetibile umanità: quell’umanità derisa, offesa, spogliata nei campi di sterminio in cui ci riconosciamo. Le scarpe che sostengono e accompagnano il nostro cammino, il nostro discernimento agito nel quotidiano, per dire ancora una volta, tutti assieme: “Mai più”.
Un alunno per ciascuna delle 52 classi del nostro Istituto ha così portato a scuola un suo paio di scarpe e le ha collocate liberamente nello “spazio sacro” ritagliato dalle strisce di lana: l’aspetto performativo e personale di questa installazione voleva infatti, tra l’altro, stimolare una partecipazione attiva da parte dei nostri studenti alla Giornata della Memoria.
È stato proprio in quel momento, nel momento in cui la mano dei ragazzi si è staccata dalle loro scarpe, nel momento in cui hanno scelto dove collocarle, che si è data, come un dono, la tensione emotiva della loro partecipazione…
A staffetta poi, dai bimbi della Primaria ai “grandi” del Liceo, i nostri ragazzi hanno recitato coralmente una strofa della poesia C’è un paio di scarpette rosse. Un commosso silenzio, spontaneo e non previsto, è allora scaturito da tutti i presenti.
Riguardando ora l’installazione si nota che i ragazzi hanno scelto di collocare le loro scarpe molto vicine tra loro, quasi attaccate… Ne è risultato un lungo spazio vuoto prima del punto di fuga finale (unico intervento di ricollocazione degli elementi, compiuto da noi adulti): un paio di scarpette rosse portate da una bimba della Primaria, anche qui, spontaneamente, senza essere a conoscenza della poesia che avremmo letto…
Questo spazio vuoto ci interroga… Ad alcuni ragazzi ha dato fastidio, come un qualcosa di incompiuto… ma abbiamo scelto di mantenerlo, anzitutto per rispettare la loro scelta di luogo, il punto esatto in cui hanno collocato le loro scarpe, per mantenere la tensione emotiva di quel gesto; ma anche perché ci piace vedere in esso, in questo spazio vuoto, la presenza di una assenza, di un Assente, che interroga le nostre coscienze («un Assente ci fa scrivere», diceva il gesuita francese Michel de Certeau….). La cifra della mancanza di quelle persone deportate e il nostro bisogno di pienezza…
La mattinata ha poi avuto un momento di condivisione in Biblioteca con i ragazzi di I Liceo Classico con cui abbiamo letto i passi leviani dedicati alle scarpe (la morte nel lager comincia dalle scarpe…) e riflettuto sul significato che vogliamo dare a questa nostra installazione.
Ne sono scaturite diverse idee di installazione, tutte bellissime e dense di significato, che riportiamo qui come “progettualità realizzata” di altre “opere d’arte”, e a testimonianza che i ragazzi, come bene ha detto una loro professoressa, “ci superano sempre”…
ALTRI MODI DI REALIZZARE L’INSTALLAZIONE – IDEE DELLA I LICEO CLASSICO
– lasciare le scarpe come le hanno lasciate i vari ragazzi, ma allargarle; un “vuoto” e poi le scarpette rosse;
– mischiare le varie scarpe per riprendere il passo di Levi del “matto” che le scopa via tutte mischiandole, lasciare sempre un vuoto e poi le scarpette rosse alla fine;
– mettere le scarpe in modo graduale: alcune ordinate all’inizio poi piano piano mischiarle; disordinarle per poi sempre tornare alle scarpette rosse dopo uno spazio vuoto che rappresenterebbe il tentativo vano di scappare;
– mettere lungo tutto lo spazio disponibile scarpe mischiate (magari alternando scarpe infantili con scarpe più adulte, perché nei campi di concentramento purtroppo c’erano anche i bambini), ma mettere alcune scarpe fuori dallo spazio, per riprendere di nuovo il tentativo vano di fuga;
– non lasciare nessun vuoto, ma far risaltare tra le varie scarpe mischiate le scarpette rosse mettendole sopra una scatola o sopra un paio di scarpe girate, con la suola verso l’alto.
Lorenzo Pellegrinelli
Bibliotecario e curatore dell’esposizione